Davanti a un tè ci domandiamo perché scriviamo poesie.
Dieci persone le leggono, in ogni caso.
A tre non piacciono
per partito preso.
Tre provano un vago struggimento
ma devono pensare ai rubinetti che perdono
e al traffico cittadino.
A due piacciono
e non avrebbero problemi a dirtelo,
ma non sanno come.
Un’altra è tutta presa a preparare domande
sulle facili ironie
e sulla politica dell’identità.
La decima si chiede
se porti le lenti a contatto.
E noi
corrotti come chiunque altro
da un mondo assuefatto
ai carboidrati
e alle parole,
brancoliamo ancora
fra tramonti, metrica e
schegge di speranza
per un istante
liberi
dal terribile contagio
dell’abitudine.
Arundhathi Subramaniam, Bombay 1973
dall’antologia “India dell’anima”
traduzione Andrea Sirotti
27 febbraio 2017 at 6:26 PM
“…un mondo assuefatto ai carboidrati e alle parole…” arduo il ricercare Bellezza in un pianeta così ridotto, ma anche nella disperazione c’è pur sempre un volo libero! Grazie per la porposta, carissima Annamaria! Un lungo abbraccio. Luigi
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27 febbraio 2017 at 7:32 PM
Ho letto da qualche parte che si ama la poesia perché, quasi sempre, la si confonde con la speranza.
Abbraccio ricambiato, amico mio!
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26 dicembre 2019 at 9:27 am
Gentilissima Annamaria S.
Sono un pensionato in la con gli anni e molto del mio tempo lo passo
su siti di Poesie, (interno Poesia, Vivere Poesia, Vivo di Poesia, Poetella,
Assolo di Poesia, Pensare in un’altra luce, e via andare). Questo
scritto è per renderLa edotta che ”Controvento” è in assoluto il mio
sito preferito. Mi piacciono i suoi commenti sulle Poesie.
Scusi per averLe fatto perdere del tempo. Colgo l’occasione per augurarLe felice fine anno e tanto bene per il prossimo.
– bruno da firenze. –
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