XXVII
Mi hai dato la fraternità verso chi non conosco
Mi hai aggiunto la forza di tutti quelli che vivono
Mi hai ridato la patria come una nuova nascita
Mi hai dato la libertà che non ha il solitario
Mi hai insegnato ad accendere la bontà come il fuoco
Mi hai impresso la dirittura che occorre all’albero
Mi hai insegnato a vedere l’unità e la differenza tra gli uomini
Mi hai mostrato come il dolore di uno muore nella vittoria di tutti
Mi hai insegnato a dormire sui duri giacigli dei miei fratelli
Mi hai fatto costruire sulla realtà come sopra una roccia
Mi hai reso nemico del malvagio e muro contro il folle
Mi hai fatto vedere la chiarezza del mondo e la possibilità della gioia
Mi hai reso indistruttibile perché con te non finisco in me stesso.
Pablo Neruda
Parral, Cile 12 7 1904 – Santiago del Cile 23 9 1973
da “Yo soy” (Io sono) in Canto general
traduzione di Dario Puccini
Il Canto General si chiude con un canto alla Poesia “…comune libro d’uomo, pane aperto”
Ma il Canto General rappresenta soprattutto il sogno politico e sociale di Neruda, così la penultima lirica dal titolo “Al mio partito” è un omaggio a un ideale, a una visione del mondo dove politica e poesia si fondono.
Nel rileggerlo dopo quarant’anni (comprai questo libro nell’edizione di Sansoni del 1967, di seconda mano) ho sentito un tonfo al cuore, come quando si incontra un vecchio amore mai dimenticato. Sì mi sono commossa e subito dopo un groppo alla gola come quando il sentimento di ciò che è passato, tocca il punto esatto della nostalgia. Mi sono commossa. Forse per il triste sentimento delle cose che passano? Forse. Per il rimpianto di una delle stagioni più belle della mia vita? Forse. Eppure, ho pensato, sarebbe bello che ancora nascesse un partito che indicasse a tanti giovani la rotta del proprio cammino all’interno di principi. In un mondo senza più carte né coordinate, sarebbe bello un partito che restituisse, a chi non ha voce, la parola e la speranza.
Annamaria Sessa