In un libro di versi schizzato
dall’amore, dalla tristezza, dal mondo,
i miei figli hanno disegnato signore gialle,
elefanti che avanzano sopra ombrelli rossi,
uccelli trattenuti sul bordo di una pagina,
hanno invaso la morte,
il grande cammello azzurro riposa sulla parola cenere,
una guancia scivola sopra la solitudine delle mie ossa,
il candore vince sul disordine della notte.
Juan Gelman
Buenos Aires, 3 5 1930 – Città del Messico, 14 1 2014
Da Gotán, 1962
traduzione di Emilio Coco
Ricordo i tanti libri di poesie che, tra minestrine e merende, lasciavo in giro quando i miei figli erano piccoli. Armati di penne e pastelli, ricoprivano le pagine con i loro disegni. Allora mi arrabbiavo, oggi sfogliando quelle “opere d’arte”, provo tanta tenerezza e mi torna in mente un pensiero del poeta Mario Quintana che dice più o meno così “I libri di poesie devono avere margini spaziosi e molte pagine in bianco e sufficienti spazi vuoti nelle pagine stampate, perché i bambini possano riempirli di disegni – gatti, uomini, aeroplani, case, comignoli, alberi, lune, ponti, automobili, cani, cavalli, buoi, trecce, stelle – che saranno anch’essi poesie…”