
Signore, perseguita gli adoratori del serpente lascivo!
Fa che tutti concepiscano il mio corpo come una fonte
inesauribile della tua infamia.
Signore, secca i pozzi che stanno in mezzo al mare dove i
pesci copulano senza riuscire a riprodursi.
Lava i cortili delle caserme e vigila sui neri peccati della
sentinella. Genera, Signore, nei cavalli l’ira delle tue
parole e il dolore di vecchie donne senza pietà.
Smembra le bambole.
Illumina la stanza del pagliaccio. Oh Signore!
Perché infondi quell’impudico sorriso di piacere nella
sfinge di stracci che predica nella sala d’aspetto?
Perché hai tolto ai ciechi il bastone con cui laceravano la
densa felpa del desiderio che li assedia e li sorprende
nelle tenebre?
Perché impedisci alla selva di entrare nei giardini e di
divorare i sentieri di sabbia percorsi nelle sere di festa
dagli incestuosi, dagli amanti attardati?
Con la tua barba da assiro e le tue mani callose, presiedi,
Oh fecondissimo! la benedizione delle piscine
pubbliche e il conseguente bagno degli adolescenti
senza peccato.
Oh signore! accogli le preghiere di questo scrutatore
supplicante e concedigli la grazia di morire avvolto
nella polvere delle città, addossato alle gradinate di
una casa infame e illuminato da tutte le stelle del
firmamento.
Ricorda Signore, che il tuo servo ha osservato pazientemente
le leggi del branco. Non dimenticare il suo volto.
Amen.
Álvaro Mutis
Bogotá, 25 agosto 1923 – Città del Messico, 22 settembre 2013
da “Summa di Maqroll il Gabbiere”
traduzione di Fabio Rodriguez Amaya
Questa poesia ispirò quel capolavoro di Fabrizio De André dal titolo”Smisurata preghiera”. In un concerto lo stesso De André presentò così la canzone
“Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi … dire: siamo 600 milioni, un miliardo e 200 milioni… e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze.
La preghiera, l’invocazione, si chiama “smisurata” proprio perchè fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi ci proviamo lo stesso”
In ricordo di Fabrizio De André che, diciotto anni oggi, intraprese il suo viaggio più lungo.
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Preghiera
Dio delle libellule, delle falene,
dei picchi e delle civette,
Dio dei lombrichi, degli scorpioni,
e degli scarafaggi da cucina,
Dio che hai insegnato a ciascuno qualcosa
e sai in anticipo che cosa accadrà a ciascuno,
darei qualsiasi cosa pur di capire che cos’hai provato
quando hai stabilito le proporzioni
dei veleni, dei colori, dei profumi,
quando hai posto in un becco il canto
e in un altro il gracchio,
e in un’anima il crimine e in un’altra l’estasi,
darei qualsiasi cosa soprattutto pur di sapere
se hai avuto rimorsi
nel trasformare alcuni in vittime e altri in carnefici,
ugualmente colpevole nei confronti di tutti
perché hai messo tutti
di fronte al fatto compiuto.
Dio della colpevolezza di aver stabilito da solo
il rapporto tra il bene e il male,
la bilancia a fatica mantenuta in equilibrio
dal corpo insanguinato
del figlio che non ti assomiglia.
Ana Blandiana, Timișoara, 25 marzo 1942
da “La mia patria A4” Nuove poesie
Traduzione di Mauro Barindi.
E’ diretto e commovente questo dialogo dell’essere umano con la divinità.
Una preghiera che si trasforma in una riflessione drammatica sulle contraddizioni e la fragilità del mondo, sul significato o assenza di significato dell’universo intero.
Da una parte un creatore ritenuto “colpevole” di aver deciso, da solo ed inspiegabilmente, come distribuire nel mondo il bene ed il male, dall’altra l’inquietudine e i dubbi di un’umanità che si pone domande sul mistero della creazione e che non sa, d’altra parte, placare l’innata nostalgia del divino.
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2 commenti | Tag: Ana Blandiana, Dio, Poesie commentate, preghiera | Pubblicato in: tutti gli articoli