Ho sempre pensato che la fotografia con lo scopo, all’inizio, di strappare al flusso della vita l’attimo e fissarlo per sempre, abbia acquisito via via, la funzione di cercare e mostrare in ciò che ha visto, nell’attimo irripetibile della contemporaneità, un frammento di senso al grande enigma della vita, del mondo. Come se tra le pieghe del reale, ci fosse un’intercapedine, un lampo di tempo che sfugge allo sguardo e alla comprensione umana, uno spazio dove abita il segreto dell’esistenza che la fotografia cerca di catturare.
Proprio come la Poesia che è conoscenza stra-ordinaria, “ulteriore”, direi, di tutto ciò che appartiene alla vita e forse anche di ciò che la trascende, la poesia, in cui ogni verso letto, credo sia una “rivelazione”.
A volte una fotografia è quella che Mallarmé chiamò “poésie sans les mots”, una poesia senza parole, un ritorno alla primordiale potenza dell’immagine, prerogativa della narrazione poetica.
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Una fotografia trovata in rete
in un lampo di luce
uno spazio poetico
dove si narra una storia.
Un vicolo di Napoli, certamente.
Anni settanta o forse ottanta, certamente
(è quello che dicono i manifesti elettorali)
un uomo e una donna
in atteggiamento confidenziale ma complice,
è come se volessero nascondersi agli occhi della gente
che li osserva con malizia.
Un sentimento contrastato? un amore impossibile?
In alto i panni stesi e il degrado di un quartiere popolare.
Più in là quadri di santi e di madonne
in una città dove, da sempre,
per l’amore o per i guai,
si spera in un miracolo del cielo.
Annamaria Sessa
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….fammi tornare.
La bambina con treccine e frangetta, col bavaglino e la borsa sulla schiena,
nella quale le foto dei miei mi insegnarono a riconoscermi,
oggi, davanti a me, compare in questo quaderno.
Felice coincidenza: da questa creatura venni
per giungere a lei dopo un lungo cammino.
Ti prego: continua a essere te stessa, o torna a godere i tuoi genitori ancora giovani,
l’agnello e l’acqua nel suo letto di pietra. Non preoccuparti:
sono una di quelle signore che a volte trovi in visita a casa
e il cui nome non riesci più a ricordare.
María Victoria Atencia, Malaga 1931
Traduzione: Raffaella Marzano
Questa poesia, in cui il presente e la memoria si intrecciano come fili di un tessuto inestricabile, mi riporta alla mente un verso bellissimo di Mahmoud Darwish:
“Sono invecchiato, rendimi le stelle dell’infanzia /fammi tornare…..”
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