E’ dunque realtà. Sfrattata l’ex sede del PCI di Acerra, provincia di Napoli.
Con i versi* di Pablo Neruda, un omaggio a quel che fu “il mio partito”
XXVII
Mi hai dato la fraternità verso chi non conosco
Mi hai aggiunto la forza di tutti quelli che vivono
Mi hai ridato la patria come una nuova nascita
Mi hai dato la libertà che non ha il solitario
Mi hai insegnato ad accendere la bontà come il fuoco
Mi hai impresso la dirittura che occorre all’albero
Mi hai insegnato a vedere l’unità e la differenza tra gli uomini
Mi hai mostrato come il dolore di uno muore nella vittoria di tutti
Mi hai insegnato a dormire sui duri giacigli dei miei fratelli
Mi hai fatto costruire sulla realtà come sopra una roccia
Mi hai reso nemico del malvagio e muro contro il folle
Mi hai fatto vedere la chiarezza del mondo e la possibilità della gioia
Mi hai reso indistruttibile perché con te non finisco in me stesso.
Pablo Neruda
Parral, Cile 12 7 1904 – Santiago del Cile 23 9 1973
da “Yo soy” (Io sono) in Canto general
traduzione di Dario Puccini
La vecchia sede del PCI è stata, per una parte della mia generazione, il luogo dei nostri ideali, il luogo della percezione condivisa e diffusa, che un nuovo modo di vivere fosse possibile, addirittura a portata di mano. La globalizzazione non era ancora stata inventata e davvero pensavamo di poter cambiare il mondo. In ordine sparso, alcuni ricordi: i corsi ideologici, la visita di Berlinguer all’inaugurazione della sede, le interminabili discussioni con Alfredo che ogni tanto bonariamente (senza crederci fino in fondo) tuonava “vuie femmene nu capit niente e politica”, l’incontro con personaggi che arricchivano e stimolavano il collettivo entusiasmo. Ma per quanto mi riguarda, per tutta la mia adolescenza e gran parte degli anni a venire, è stata la casa dove ho appreso il senso dell’appartenenza, dove ho costruito pian piano quelle inclinazioni e strutture mentali che hanno formato la mia individualità, dove ho imparato ad interrogarmi sulla giustizia sociale, la libertà, l’autonomia di pensiero, dove ho capito che ognuno di noi può essere determinante per il futuro della società in cui vive solo se studia e lavora, dove ho acquisito il coraggio di esprimere scelte ed emozioni da donna libera.
Oggi è un giorno molto triste per me.
*Il Canto General si chiude con un canto alla Poesia “…comune libro d’uomo, pane aperto”
Ma il Canto General rappresenta soprattutto il sogno politico e sociale di Neruda, così la penultima lirica dal titolo “Al mio partito” è un omaggio a un ideale, a una visione del mondo dove politica e poesia si fondono.