Ho sempre pensato che la fotografia con lo scopo, all’inizio, di strappare al flusso della vita l’attimo e fissarlo per sempre, abbia acquisito via via, la funzione di cercare e mostrare in ciò che ha visto, nell’attimo irripetibile della contemporaneità, un frammento di senso al grande enigma della vita, del mondo. Come se tra le pieghe del reale, ci fosse un’intercapedine, un lampo di tempo che sfugge allo sguardo e alla comprensione umana, uno spazio dove abita il segreto dell’esistenza che la fotografia cerca di catturare.
Proprio come la Poesia che è conoscenza stra-ordinaria, “ulteriore”, direi, di tutto ciò che appartiene alla vita e forse anche di ciò che la trascende, la poesia, in cui ogni verso letto, credo sia una “rivelazione”.
A volte una fotografia è quella che Mallarmé chiamò “poésie sans les mots”, una poesia senza parole, un ritorno alla primordiale potenza dell’immagine, prerogativa della narrazione poetica.
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Una fotografia trovata in rete
in un lampo di luce
uno spazio poetico
dove si narra una storia.
Un vicolo di Napoli, certamente.
Anni settanta o forse ottanta, certamente
(è quello che dicono i manifesti elettorali)
un uomo e una donna
in atteggiamento confidenziale ma complice,
è come se volessero nascondersi agli occhi della gente
che li osserva con malizia.
Un sentimento contrastato? un amore impossibile?
In alto i panni stesi e il degrado di un quartiere popolare.
Più in là quadri di santi e di madonne
in una città dove, da sempre,
per l’amore o per i guai,
si spera in un miracolo del cielo.
Annamaria Sessa
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La poesia che prese il posto di una montagna
Era là, parola per parola,
La poesia che prese il posto di una montagna.
Ne respirava l’ossigeno
Persino quando il libro stava voltato nella polvere del tavolo.
Gli ricordava come avesse avuto bisogno
Di un luogo da raggiungere nella direzione sua,
Come avesse ricomposto i pini,
Spostato le rocce e trovato un sentiero fra le nuvole,
Per arrivare al punto d’osservazione giusto.
Dove sarebbe stato completo di una completezza inspiegata:
La roccia esatta dove le sue inesattezze
Scoprissero infine la vista che erano andate guadagnando
Dove potesse coricarsi e, fissando il mare in basso,
Riconoscere la sua casa unica e solitaria.
Wallace Stevens
Reading, 2 ottobre 1879 – Hartford, 2 agosto 1955
in “IL mondo come meditazione”
La poesia può creare un mondo e il poeta non ha bisogno di sofisticati concetti o costruzioni grammaticali inconsuete. Bastano le cose che ci circondano, perchè la poesia non ha un carattere epico ed eccezionale, è una esperienza continua, quotidiana, consueta….
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3 commenti | Tag: montagna, poesia, Poesie commentate, Wallace Stevens | Pubblicato in: tutti gli articoli