Racconta la storia che in quel passato
tempo in cui accaddero tante cose
reali, immaginarie e dubbie,
un uomo concepì lo smisurato
progetto di cifrare l’universo
in un libro e con impeto infinito
innalzò l’alto e arduo manoscritto
e limò e declamò l’ultimo verso.
Stava per ringraziare la fortuna
quando alzando gli occhi vide un lucido
disco nell’aria e capì, stupito,
di essersi dimenticato della luna.
La storia che ho narrato benché finta,
può ben raffigurare il maleficio
di noi che esercitiamo il mestiere
di trasformare in parole la nostra vita.
Si perde sempre l’essenziale
……………………….
Jorge Louis Borges
dalla raccolta “Il creatore” 1960
trad.Livio Bacchi Wilcock
Il componimento continua. Il poeta dice di non ricordare più se ha scoperto la luna nella realtà o nei libri “più che le lune delle notti, posso ricordare quelle del verso“. E così, rievoca la dragon moon di antiche ballate inglesi, quelle “sanguinanti” del poeta Francisco de Quevedo e dell’Apocalisse. Procede quindi con una serie di richiami letterari che risaltano per l’eleganza delle citazioni: dalla luna della mitologia greca e germanica alla suggestione degli specchi di Pitagora, che ” con il sangue scriveva su uno specchio e gli uomini leggevano il riflesso in quell’altro specchio che è la luna“; dalla poesia del Lunario sentimentale di Leopoldo Lugones alla lezione di Ariosto che “mi insegnò che sull’incerta luna dimorano i sogni, l’inafferrabile, Il tempo che si perde, il possibile e l’impossibile…“. Dalla “luna celestiale di ogni giorno” allo splendore della falce d’oro di Hugo e la dark moon di Yeats.
Alla fine si ha l’impressione di essere di fronte ad un mosaico che, nella composizione dei suoi pezzi, ricostruisce una “storia universale” della luna.
3 giugno 2014 at 6:49 PM
straordinario post…
devo andarmi a cercare l’intera poesia, da qualche parte.
la foto, poi…è meravigliosa!
Grazie Iralda!
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3 giugno 2014 at 6:57 PM
La luna
Racconta la storia che in quel passato
tempo in cui accaddero tante cose
reali, immaginarie e dubbie,
un uomo concepì lo smisurato
progetto di cifrare l’universo
in un libro e con impeto infinito
innalzò l’alto e arduo manoscritto
e limò e declamò l’ultimo verso.
Stava per ringraziare la fortuna
quando alzando gli occhi vide un lucido
disco nell’aria e capì, stupito,
di essersi dimenticato della luna.
La storia che ho narrato benché finta,
può ben raffigurare il maleficio
di noi che esercitiamo il mestiere
di trasformare in parole la nostra vita.
Si perde sempre l’essenziale. È una
legge di ogni parola intorno al nume.
Non saprà eluderla questo riassunto
delle mia lunga relazione con la luna.
Non so dove l’ho vista per la prima volta,
se nel cielo anteriore della dottrina
del greco o nella sera che declina
sopra il patio con il pozzo e il fico.
Come si sa, questa mutevole vita
può, fra tante cose, essere molto bella
e ci fu così qualche sera in cui con lei
ti abbiamo guardata, oh luna condivisa.
Più della lune delle notti posso
ricordare quelle del verso : l’incantata
Dragon moon che dà orrore alla ballata
e la luna sanguinate di Quevedo.
Di un’altra luna di sangue e di scarlatto
parlò Giovanni nel suo libro di feroci
prodigi e di giubili atroci;
ci sono altre più chiare lune d’argento.
Pitagora con il sangue (narra una
tradizione) scriveva su uno specchio
e gli uomini leggevano il riflesso
in quell’altro specchio che è la luna.
Di ferro c’è una selva dove dimora
l’alto lupo la cui strana sorte
è di abbattere la luna e di darle morte
quando arrosserà il mare l’ultima aurora.
(Questo Nord profetico lo sa
e anche che in quel giorno la nave
che si fa le unghie dei morti
infesterà gli aperti mari del mondo)
Quando a Ginevra o a Zurigo, la fortuna
volle che anch’io fossi poeta,
mi imposi, come tutti, il segreto
obbligo di definire la luna.
Con una sorta di studiosa pena
esaurivo modeste variazioni,
sotto il vivo timore che Lugones
già avesse usato l’ambra o la sabbia.
Di lontano avorio, di fumo, di fredda
neve furono le lune che illuminarono
versi che di certo non raggiunsero
l’arduo onore della tipografia.
Pensavo che il poeta è quell’uomo
che, come il rosso Adamo del Paradiso,
impone a ogni cosa il suo preciso
e vero e non saputo nome.
Ariosto mi insegnò che sull’incerta
luna dimorano i sogni, l’inafferrabile,
il tempo che si perde, il possibile
o l’impossibile, che è la stessa cosa.
Dalla Diana triforme Apollodoro
mi lasciò scorgere l’ombra magica;
Hugo mi diede una falce che era d’oro,
e un irlandese, la sua nera luna tragica.
E, mentre io sondavo quella miniera
delle lune della mitologia,
era là, dietro l’angolo della strada,
la luna celestiale di ogni giorno.
So che fra tutte le parole, una ce n’è
per ricordarla o per raffigurarla.
Il segreto, secondo me, sta nell’usarla
con umiltà. È la parola luna.
Non so più maculare la sua pura
apparizione con un’immagine vana;
la vedo; indecifrabile e quotidiana
e al di là della mia letteratura.
So che la luna o la parola luna
è una lettera che fu creata
per la complessa scrittura di quella strana
cosa che siamo, numerosa e una.
È uno dei simboli che nell’uomo
dà il fato o il caso perché in un giorno
di esaltazione gloriosa o di agonia
possa scrivere il proprio vero nome.
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3 giugno 2014 at 6:59 PM
sei un mito!
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3 giugno 2014 at 7:00 PM
🙂
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3 giugno 2014 at 8:14 PM
Incantevole il post e la continuazione sui commenti , adoro Jorge Louis Borges ♥ grazie!
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3 giugno 2014 at 8:33 PM
Felicissima che tu abbia apprezzato!
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4 giugno 2014 at 1:33 PM
L’ha ribloggato su Come fosse Musicae ha commentato:
Come si fa a non condividere? 🙂
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4 giugno 2014 at 3:25 PM
🙂 🙂
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4 giugno 2014 at 2:41 PM
La poesia come maleficio che lascia sempre esclusa, fuori, la luna vera, distraendoci da essa o come alchimia sonora segreta per invocarla con il suo vero autentico nome?
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4 giugno 2014 at 3:29 PM
“La lettura [della Poesia] è un atto anarchico”
Hans M. Enzensberger
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5 giugno 2014 at 11:17 am
Sono d’accordo, la poesia è linguaggio allo stato anarchico, primordiale. Tuttavia è interessante il fatto che l’intera poesia si muove tra la consapevolezza del fatto che perfino la poesia è linguaggio, perciò finzione, convenzione, filtro, interpretazione soggettiva, interpolazione della cosa in sè, della semplice cosa – e dall’altra evocazione del valore conoscitivo, magico della poesia – un viaggio verso i veri nomi delle cose e la sostanza indecifrabile del reale.
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6 giugno 2014 at 3:34 am
La Luna
(A Maria Kodama)
C’è tanta solitudine in quell’oro.
La luna delle notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli
della veglia umana l’hanno colmata
di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio.
Grazie! Buon fine settimana! Ciao!
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6 giugno 2014 at 5:59 am
Grazie a te!
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