Quando vi ho fatto, vi amavo.
Ora vi compatisco.
Vi ho dato quanto vi serviva:
letto di terra, lenzuolo di aria blu…
Mentre mi allontano da voi
vi vedo più chiaramente.
A quest’ora le vostre anime avrebbero dovuto essere
immense,
non quel che sono,
piccole cose vocianti…
Vi ho dato ogni dono,
blu del mattino primaverile,
tempo che non sapevate come usare:
volevate di più, l’unico dono
riservato a un’altra creazione.
Qualsiasi cosa abbiate sperato,
non troverete voi stessi nel giardino,
fra le piante che crescono.
Le vostre vite non sono circolari come le loro:
le vostre vite sono il volo dell’uccello
che inizia e finisce nell’immobilità:
che inizia e finisce, forma che riflette
quest’arco dalla betulla bianca
al melo.
Louise Glück, New York 22 6 1943
da “L’iris selvatico” premio Pulitzer per la poesia 1993
traduzione Massimo Bacigalupo
“L’iris selvatico” premio Pulitzer 1993, della poeta americana Louise Gluck, non è una raccolta di poesie ma un vero e proprio poema che racconta l’inafferrabile avventura dell’esistenza umana. Tante voci compongono questo poema: quella dei fiori, tanto simili agli esseri umani ma che, a differenza degli uomini, accettano il loro destino “…Le vostre vite non sono circolari come le loro:le vostre vite sono il volo dell’uccello
che inizia e finisce nell’immobilità…”; quella del giardiniere, il poeta, che piange la giovinezza andata, l’amore perduto e l’abbandono di un “Padre irraggiungibile” e assente “…lasciati soli ci esaurimmo a vicenda….”; quella di un dio ironico, a tratti arrabbiato, nei confronti dell’incontentabilità umana”… Perchè vi avrei fatto se avessi voluto limitarmi al segno ascendente, la stella, il fuoco, la furia?…”. La prima voce è quella dell’iris selvatico che narra la sua nascita “…Alla fine del mio soffrire c’era una porta..” L’ultima è quella dei gigli, d’oro d’argento e bianchi, che alla fine dell’estate, metafora dell’esistenza e della breve stagione dei fiori, hanno paura della morte” …guarda, sopra il giardino: sorge la luna piena. La prossima non la vedrò..” e, nonostante tutto, sono felici d’aver vissuto “Zitto, amore. Non mi importa quante estati vivo per ritornare: in quest’unica estate siamo entrati nell’eternità”. La poesia è colloquiale, eppure intima, ricca di suggestioni, metafisica, incantata.
2 luglio 2014 at 5:28 PM
è sul mio comodino da qualche giorno…
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2 luglio 2014 at 5:34 PM
Bello, vero?
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2 luglio 2014 at 5:41 PM
parecchio…
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2 luglio 2014 at 6:44 PM
ce l’ho anch’io
proprio un bel lavoro
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2 luglio 2014 at 7:09 PM
Originalissimo!
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