Viaggiatore d’inchiostro
Cerchi
sull’orlo delle pagine
questi viali di parole
dove freme
un battito d’ali
smarrito sotto il cielo
chiarità d’acqua abbagliata
al tuo sguardo assetato
lenta parola
alla notte del fiume
dove stregato di parole
che frantumano la tua voce
leggi il mondo
tracciato sul palmo rovesciato
della poesia.
Cécile Oumhani. Namur, Belgio 12 dicembre 1952
Traduzione di Viviane Ciampi
dal sito Fili d’aquilone
Era un mattino di dicembre di sei anni fa. All’improvviso, la telefonata concitata di mio figlio, l’aria ovattata della sala di rianimazione e mio marito in un limbo dal quale non sarebbe più tornato. Dalle mattinate a scuola, tra letteratura e declinazioni latine, mi ritrovai, per un tempo che durò due anni, ad avere a che fare con aspiratori tracheostomici, pompe di alimentazione, cateteri e terapie farmacologiche complesse ed estenuanti. Non dimenticherò mai il rumore continuo del motore del materasso antidecubito e quello del bip bip del saturimetro che risuonavano nella casa e nella mia testa. Scandivano i miei giorni e le mie notti, senza soluzione di continuità. Mio marito era in quello che, in termini medici, si chiama: stato vegetativo permanente. Il suo corpo era lì, congegno perfetto che continuava a funzionare a ritmi regolari: il cuore batteva, i reni filtravano, la bocca sbadigliava, e io, a chiedermi dove fossero le sue emozioni, i suoi desideri, l’amore per i nostri figli, le sue risate e tutti i baci che mi aveva dato. Sfinita e disperata, frugavo nei suoi occhi persi e trovavo solo il vuoto di un mondo senza tempo, senza luoghi, un buco nero di dolore, dove sarei annegata di sicuro. Avevo smarrito ogni contatto con la realtà ma , soprattutto, con me stessa: non mi “sentivo” più, non sentivo i miei pensieri, le mie emozioni, ero accartocciata nella mia disperazione. Leggevo un libro dopo l’altro, incapace di concentrarmi, divoravo pagine e pagine di parole che neanche ricordavo, dopo averle lette.
Poi, fu come un’illuminazione: non mi serviva leggere storie inventate, romanzi che “interpretavano” la realtà, avevo bisogno della realtà stessa, quei “viali di parole” lasciate, come scie nell’aria, dai “Viaggiatori d’inchiostro”, i poeti. Volevo capire quello che mi era accaduto, volevo riprendermi quello che avevo dimenticato, poter avere ancora passioni, immaginazione, emozioni, volevo “sentire” con tutti i miei sensi, di nuovo il mondo, la vita e me stessa, volevo essere libera.
Fu così che la Poesia mi salvò.
Iraida (Annamaria)
16 marzo 2015 at 8:26 PM
Mi hai fatto commuovere e mi hai lasciato senza parole. Mi dispiace per tuo marito… Sinceramente… E sono felice di leggere le tue ” ancore di salvezza”. Scrivere o leggere poesia è consolante anche per me. Un caro saluto
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16 marzo 2015 at 9:44 PM
Eh sì, la poesia per me è stato, ed è, quello spazio ri-vitalizzante, dove poter cercare un senso al nostro essere al mondo, alle grandi e, soprattutto, alle piccole cose della vita. La Poesia è la possibilità di guardare, sempre e comunque, tutto ciò che ci circonda con un senso di meraviglioso stupore.
Un caro saluto a te.
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16 marzo 2015 at 10:26 PM
Concordo su ogni parola… 🙂
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16 marzo 2015 at 8:27 PM
cara Annamaria… spero salvi anche me.
ma sono passati solo sei mesi. E’ presto per i salvataggi, vero?
Aspetterò… e mi darò da fare…
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16 marzo 2015 at 9:46 PM
Ti sta già salvando se sei, come sei, aperta alla condivisione dei tuoi pensieri, delle tue emozioni!!!
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16 marzo 2015 at 9:53 PM
speriamo…
Anche se oggi m’è presa una incontrollabile voglia di non scrivere più. Mai più.
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16 marzo 2015 at 9:18 PM
Più volte ho letto la tua storia in queste pagine e ogni volta mi commuovo e ti vedo forte e coraggiosa fosse solo per questa tua capacità di parlare di quanto accaduto. Quando leggo le “tue” poesie, già dal titolo avverto della scelta biografica; perchè in fondo come tu dici, la poesia è la vita, e spesso in alcuni di quei scritti, pur non essendo nostri ci sono le nostre emozioni. Un abbraccio sempre forte che spero ti arrivi nonostante sia virtuale.
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16 marzo 2015 at 10:06 PM
Ogni volta che ho letto i tuoi commenti, vi ho sempre colto una grande empatia, segno di un animo sensibile. La tua attenzione mi fa un immenso piacere. E ricambio l’abbraccio!
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16 marzo 2015 at 9:51 PM
sono orgoglioso di averti conosciuta
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16 marzo 2015 at 10:07 PM
Ed io di conoscere te, poeta!
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17 marzo 2015 at 9:03 am
Spesso la poesia salva, ma certamente accarezza. Ne vale sempre l’emozione. Grazie per quelle che mi hai regalato tu
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17 marzo 2015 at 12:01 PM
Grazie a te che ami la Poesia!
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17 marzo 2015 at 10:00 am
Io sono immensamente grato a questo oceano elettronico che mi ha fatto conoscere te.
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17 marzo 2015 at 12:18 PM
Penso che in questa ragnatela virtuale di parole, pensieri, emozioni…, a volte, non ci sia bisogno della fisicità, perché degli esseri umani, che non si sono mai visti, si sentano in sintonia. E’quello che mi capita con poche persone, tra loro ci sei, per mia fortuna, tu, con le tue immagini e i tuoi pensieri! Grazie.
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